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Quando il barocco dilagava nel mondo
Cristina Acidini, Il Sole24Ore -> Da tempo, nella storia delle arti la definizione di “barocco” ha perso la connotazione critica negativa che, a partire dal Neoclassicismo di fine Settecento, l’ha accompagnata fin bene addentro al secolo scorso trovando un celebre detrattore nel filosofo Benedetto Croce. E tuttavia, nel parlar comune non si può non percepire una sfumatura di diffidenza o d’ironia quando la categoria del barocco viene applicata a una particolare oratoria oppure a certe manifestazioni creative, dalle arti figurative alla moda al cinema, come se in sottofondo tornassero a echeggiare le controverse origini della parola: o perla irregolare scaramazza, o, secondo altri, lambiccato sillogismo medievale.
Barocco, strana parola: così nel 1950 intitolava un suo saggio Giuliano Briganti. Infatti il barocco è un periodo della storia delle arti, che nel Sei-Settecento investe la letteratura, le arti visive, la musica, lo spettacolo. Ma il barocco è anche un atteggiamento ricorrente nella creazione umana, che si ripresenta in forme diverse nei secoli, seguendo il fil rouge di una creatività generosa, ispirata alla natura: «qualcosa di esuberante, di rotondeggiante, di carico», secondo Briganti.
E dunque prima di evocare i protagonisti di questo movimento grandioso che ebbe portata europea e ambizioni universali, si dovranno citare quei sommi artisti, che senza appartenere propriamente al barocco aprono però nuove strade all’arte. Il bolognese Annibale Carracci, con il suo naturalismo affettuoso rivolto anche a umili soggetti “di genere”. Il milanese Caravaggio, rivoluzionario nei soggetti di strada, immersi in una luce tagliente che lascia dilagare tenebra. Il fiammingo Peter Paul Rubens, in Italia a disseminare una pittura libera, mossa, sontuosamente carnale. Tutti a Roma nel primo Seicento, portatori di novità artistiche difficili da classificare, ma certamente decisive: metalli preziosi che si fondono nella lega splendente, con cui la generazione successiva di artisti forgerà il barocco nel crogiuolo internazionale di Roma.
Questa storia immensa infatti vede la Chiesa quale centro propulsore del nuovo indirizzo artistico, spesso identificato con quel processo di profonda trasformazione spirituale definito Controriforma o, secondo altri, Riforma cattolica.
L’uomo-simbolo del barocco è Gian Lorenzo Bernini, figlio dello scultore fiorentino Pietro, classe 1598, architetto e scultore di eccelsa inventiva e superba manualità. Roma conserva i suoi capolavori e ne porta il segno in palazzi, chiese, cappelle, fino all’intervento monumentale di più vasta risonanza: il colonnato di piazza San Pietro, metaforico abbraccio alla Cristianità, che dilata e insieme cinge lo spazio dinanzi alla basilica. Nell’opera berniniana, il classicismo codificato si anima, esprime passioni, prende respiro e movimento. «Il Barocco non fa che porre in moto la massa del Rinascimento», questa la sintesi folgorante di Roberto Longhi. Perché è il dinamismo infatti una delle migliori chiavi di lettura del barocco nell’arte di Bernini: quel dinamismo che è nel gesto contratto di David che sta per lanciare il sasso, è nella fuga di Dafne agguantata da Apollo mentre già le morbide carni si mutano in corteccia e foglie, è nel palpito estatico di Santa Teresa, è nel colossale baldacchino di San Pietro che fluttua nello spazio sacro come un tessuto al vento, è nelle fontane che assecondano le forme dell’acqua.
Collaboratore e poi rivale di Bernini, il coetaneo Francesco Borromini è l’altro grande architetto del barocco romano. In San Carlo alle Quattro Fontane la piccola chiesa, la cupola e il chiostro si articolano in combinazioni inedite e raffinate di ovali e di curve; in Sant’Ivo alla Sapienza la cupola culmina in una spirale dalla forte suggestione organica, di conchiglia o rampicante. S’incontreranno poi nel percorso del barocco le grandi personalità di Guarini, Juvarra, Longhena… si costruiranno chiese, palazzi, regge in tutta l’Europa.
In pittura, dopo il precoce illusionismo del cielo nell’Aurora per mano di Guercino, tocca a Pietro da Cortona dare il via alla pittura barocca a base di scorci spericolati, stesure veloci, colori freschi e ridenti.
E se il cannocchiale di Galileo aveva aperto le vie del firmamento, saranno i murali illusionistici ad aprire cieli infiniti nei soffitti di chiese e palazzi d’Europa, grazie a maestri come padre Andrea Pozzo: un gesuita, di quell’ordine autorevole e missionario che si spinse a costruire chiese barocche fin nel Nuovo Mondo, in Perù.
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Cristina Acidini