Luca Baccolini, La Repubblica Bologna -> Abituati come siamo a non considerare la musica come…
I Vespri Siciliani di Verdi raccontati da Giovanni Bietti
di Luca Baccolini >
“Uff”, “Auff”, “Auuff”. Lo scrive proprio così, in modi sempre diversi e coloriti, ma il senso di insofferenza è sempre quello, quando Giuseppe Verdi confida via lettera, e a molti destinatari, il suo fastidio nel portare a termine il suo primo grand opéra nuovo di zecca per Parigi, ovvero Les vêpres siciliennes. È il 1855: se l’Italia è ancora ben lungi dall’essere un regno, Verdi è già il massimo compositore italiano vivente (Rossini, del resto, ha abbandonato le scene da un quarto di secolo). Fama, soldi e onori potrebbero suggerirgli di vivere di rendita come il collega, campando anche solo sull’indotto della trilogia popolare apparsa come un baleno tra il 1851 e il 1853. Ma il richiamo delle scene è troppo forte. Soprattutto se le sirene vengono da Parigi, luogo in cui Verdi ha la possibilità di tornare a sperimentare il teatro al massimo grado delle sue possibilità, con scenografie, masse artistiche ed eserciti di maestranze a disposizione.
Tutto questo ha un costo: l’imposizione di un librettista, Eugène Scribe, che si considera più star dello stesso Verdi. Vêpres sicilienne rientrerà in Italia, via Parma, con titolo tradotto e travisato dalla censura, monco di un atto (da cinque a quattro) e senza i ballabili, le famose “Quattro stagioni” che spesso appaiano come brano concertante a sé. E in questa veste “italianizzata” l’opera si vedrà al Comunale Nouveau dal 19 al 23 aprile con la direzione di Oksana Lyniv e la regia di Emma Dante, che per il Massimo di Palermo aveva curato lo stesso allestimento nella forma originale francese, ambientata non durante la ribellione duecentesca dei palermitani contro gli angioini ma al tempo della lotta alla mafia.
Il 13 aprile alle 20.30 l’Auditorium Manzoni ospita l’ormai consueto spettacolo di introduzione all’opera per la rassegna “In controluce”, un’idea di Barbara Abbondanza per unire le strade della storia, dell’arte e del melodramma. Il format sin qui ha riscosso grandi consensi, perché alla narrazione agile e colta unisce l’apertura a territori inaspettati nella divulgazione musicale (già di per sé rarissima) restituendo l’opera come un prodotto artistico complesso e stratificato (l’ingresso è gratuito con prenotazione sulla piattaforma Eventbrite).
Oltre ai volti familiari dello storico dell’arte Giovanni Carlo Federico Villa e della biografa storica Alessandra Necci in questa nuova tappa si avrà la partecipazione di Giovanni Bietti, una delle voci più amate dal pubblico di Radio 3, autore di indimenticabili approfondimenti condotti (anche) al pianoforte. “Così accadrà anche a Bologna – racconta Bietti – userò il pianoforte per far ascoltare alcuni esempi musicali da un’opera ancora molto sottovalutata anche a causa del suo linguaggio profondamente diverso rispetto ad altre opere verdiane: immaginare “Un ballo in maschera”, “Simon Boccanegra” e persino “Aida” senza “Vespri” è semplicemente impossibile. Ma racconteremo anche il Verdi che pensa e lavora in un ambiente musicale con abitudini, esigenze e gusti completamente diversi da quelli italiani. Non è un caso se un titolo a forte connotazione risorgimentale come questo appare a Parigi e non in Italia, dove la censura era ancora fortissima, e dove infatti l’opera arriverà, fortemente rimaneggiata nella trama, con il titolo di “Giovanna de Guzman”. “Vespri” consente così di entrare nella dimensione europea di Verdi, che da lì in avanti sarà sempre più lontano dalle scene italiane: nel 1862 sarà a San Pietroburgo con la “Forza del destino”, cinque anni dopo di nuovo Parigi con “Don Carlos” e nel 1871 al Cairo con “Aida”. Ma il grande laboratorio di questi capolavori è già tutto nei “Vespri””.
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